LECTIO DIVINA SUL VANGELO domenicale - 7

 

27 novembre 2016 – 1ª domenica di Avvento

Ciclo liturgico: anno A

 

Mostraci, Signore, la tua misericordia

e donaci la tua salvezza.

 

Matteo 24,37-44        (Is 2,1-5 - Salmo: 121 - Rm 13,11-14)

                

O Dio, Padre misericordioso, che per riunire i popoli nel tuo regno hai inviato il tuo Figlio unigenito, maestro di verità e fonte di riconciliazione, risveglia in noi uno spirito vigilante, perché camminiamo sulle tue vie di libertà e di amore fino a contemplarti nell'eterna gloria.


  1. Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell'uomo.
  2. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell'arca,
  3. e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell'uomo.
  4. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l'altro lasciato.
  5. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l'altra lasciata.
  6. Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà.
  7. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa.
  8. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell'ora che non immaginate, viene il Figlio dell'uomo.

 

Spunti per la riflessione

 

Sopravvivere al Natale

Riecco l’avvento, amici.

Salutiamo Luca e il suo Cristo pieno di ogni tenerezza, e ci mettiamo alla scuola di Matteo, Levi il pubblicano, per introdurci al suo articolato volto di Cristo, nuovo Mosè. La lettura del suo Vangelo durante quest’anno ci permetterà, spero!, di meglio conoscere la sensibilità dei nostri fratelli ebrei, popolo da cui Matteo proviene, comunità cui indirizza il suo Vangelo.

 

Avvento, caspita!

Implacabile come il tempo che scorre, l’inizio dell’Avvento segna il conto alla rovescia verso il Natale. Meglio: verso la tragedia del Natale.

Ora sapete che dovete mettervi alla ricerca dei regali, organizzare la cena di Natale e il successivo Veglione, tirar fuori l’abete ecologico, mentre i bravi commercianti hanno già cominciato a esporre tutto l’armamentario babbonatalizio caso mai qualcuno, che so, proveniente da Plutone, si dimenticasse che a Natale bisogna farsi i regali, alla faccia dello stipendio che non basta ad arrivare alla fine del mese perché, si sa, l’economia gira con me.

L’Avvento ci introduce ad un clima serio, ma decisamente meno austero della Quaresima. A prevalere sembra il colore rosa, piuttosto che il penitenziale viola.

Da ridere: l’Avvento è nato liturgicamente per prepararsi al Natale, per convertire il cuore alla buona notizia di un Dio che viene a compromettersi. Oggi è diventato l’unico strumento per sopravvivere all’altronatale.

 

L’altronatale

Così è. Non voglio fare moralismi, né assumere la parte di un moderno Torquemada.

Ma qualche sassolino dalle scarpe fatemelo togliere.

Non capisco perché una festa splendida, la festa che celebra la notizia dell’inaudito di Dio che irrompe nel mondo, del volto di Dio inatteso che mi sorride nella struggente fragilità di un neonato, della buona notizia che Dio non è come la proiezione del nostro inconscio l’aveva immaginato, severo e burbero, ma pieno di ogni tenerezza, sia stata travolta dalla melassa del buonismo natalizio.

E’ dramma, il Natale, la storia di un Dio presente e di un uomo assente. Non c’è di che vantarsi, non c’è di che essere buoni. Come vedremo e celebreremo, questo Dio che viene non è accolto. Di cosa dobbiamo essere felici? Natale è un pugno nello stomaco, una provocazione, un evento che obbliga a schierarsi. Natale è l’arrendevolezza di Dio che mi obbliga a conversione.

Quindi: viva i regali, viva la festa. Ma che sia autentico ciò che facciamo, che ci sia il festeggiato, Dio, alle nostre ipercaloriche cene, che i bimbi capiscano che è il suo compleanno, e a noi fanno i regali.

In questi anni ho visto con sgomento che il Natale, per i poveri veri, per chi ha subito un abbandono, una trauma, un lutto, è diventato una festa odiosa e insostenibile. Non c’è santo: di fronte alle immagini stereotipate della famiglia felice intorno all’albero e armonia e canti di angeli che ci propinano i media, chi, invece, vive affettività fragili e solitudini, viene travolto da un insostenibile dolore.

E questo mi fa impazzire di rabbia.

Il Dio dei poveri, il Dio che viene per i pastori, emarginati del tempo, il Dio che non nasce nel Tempio di Gerusalemme, ma nella grotta di Betlemme, viene sostituto dal dio piccino del nostro ipocrita buonismo.

Se i nonni soli, se le persone abbandonate, se i feriti dalla vita non hanno un sussulto di speranza nella notte di Natale, significa che il nostro annuncio è ambiguo, travolto e sostituito da un inutile messaggio di generica pace.

Esagero? Voglia Dio che sia così.

Ma so io, nei giorni che precedono le feste, quante telefonate e silenzi assordanti ricevo, dei tanti, troppi, che non vedono l’ora che passi il Natale, il peggior momento dell’anno.

 

Non ci serve l’Avvento?

Tanto basta, amici: non vi sembra che ci sia necessario un tempo per sopravvivere all’altronatale, un tempo per rileggere la Parola e far diventare il Natale una consolazione e non una condanna emotiva allo sconforto?

Ecco: l’Avvento è il tentativo di darsi una scrollata, di darsi una mossa, di evitare di essere assonnati, intontiti, assopiti. Qualcuno dirà: `Ehi, don, vagheggi, io non ho neppure il tempo di dormire dal tanto lavoro!` Appunto. Come ai tempi di Noè, dice il Signore oggi: tutti trafficavano, senza sapere il perché. Il rischio è davvero di passare la vita lasciandoci colare addosso i mesi e gli anni, senza essere davvero protagonisti della nostra storia, senza porci neppure il problema se esista altro rispetto a ciò che vivo. E la fede è proprio questo scuoterci, questo diventare protagonisti, questo andare al di là dell’apparenza. Dio è il grande assente del nostro tempo proprio perché l’uomo non riesce ad essere veramente uomo. Ecco allora l’attesa, l’attesa per eccellenza, l’attesa di Dio. Avvento è il coraggio di fermarsi e aspettare Dio, come mai ce lo immaginiamo, Avvento è il coraggio crudo della messa in discussione delle nostre fragili certezze. Avvento è un tempo per scoprire il Tempo grande, il trucco dietro, la Gerusalemme, là in fondo, in cima al monte dei nostri desideri reconditi.

Allora occorre svegliarsi, scuotersi, agire. Indossare le armi della luce. Gesú ci dice che il giorno del Signore arriva all’improvviso, che prende di sorpresa, che Dio chiede consapevolezza, accoglienza, verità di se stessi. Possiamo vivere la nostra vita con attesa, lavorare, divertirci, orientati all’oltre, all’altrove, al vero. Oppure no.

La stessa cosa viene vissuta in modo opposto: uno è preso, l’altro lasciato. Uno è consapevole e incontra Dio, l’altro non si pone neppure il problema della vita (e della fede).

 

Attese

Tra quattro settimane celebreremo il Natale. No, non giochiamo a far finta che poi Gesù nasce, Gesù è già nato, morto e risorto, vive accanto a me.

Il problema è, semmai, se io sono nato.

 

 

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L’Autore

 

Paolo Curtaz

Ultimogenito di tre fratelli, figlio di un imprenditore edile e di una casalinga, ha terminato gli studi di scuola superiore presso l’istituto tecnico per geometri di Aosta nel 1984, per poi entrare nel seminario vescovile di Aosta; ha approfondito i suoi studi in pastorale giovanile e catechistica presso l’Università Pontificia Salesiana di Roma (1989/1990).

Ordinato sacerdote il 7 settembre 1990 da Ovidio Lari è stato nominato viceparroco di Courmayeur (1990/1993), di Saint Martin de Corlèans ad Aosta (1993/1997) e parroco di Valsavaranche, Rhêmes-Notre-Dame, Rhêmes-Saint-Georges e Introd (1997/2007).

Nel 1995 è stato nominato direttore dell’Ufficio catechistico diocesano, in seguito ha curato il coordinamento della pastorale giovanile cittadina. Dal 1999 al 2007 è stato responsabile dell’Ufficio dei beni culturali ecclesiastici della diocesi di Aosta. Nel 2004, grazie ad un gruppo di amici di Torino, fonda il sito tiraccontolaparola.it che pubblica il commento al vangelo domenicale e le sue conferenze audio. Negli stessi anni conduce la trasmissione radiofonica quotidiana Prima di tutto per il circuito nazionale Inblu della CEI e collabora alla rivista mensile Parola e preghiera Edizioni Paoline, che propone un cammino quotidiano di preghiera per l’uomo contemporaneo.

Dopo un periodo di discernimento, nel 2007 chiede di lasciare il ministero sacerdotale per dedicarsi in altro modo all’evangelizzazione. Oggi è sposato con Luisella e ha un figlio di nome Jakob.

Nel 2009 consegue il baccellierato in teologia presso la Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale di Milano con la tesi La figura del sacerdozio nell’epistolario di don Lorenzo Milani e nel 2011 la licenza in teologia pastorale presso l’Università Pontificia Salesiana di Roma, sezione di Torino, con la tesi Internet e il servizio della Parola di Dio. Analisi critica di alcune omelie presenti nei maggiori siti web cattolici italiani.

Insieme ad alcuni amici, fonda l’associazione culturale Zaccheo (2004) con cui organizza conferenze di esegesi spirituale e viaggi culturali in Terra Santa e in Europa.

Come giornalista pubblicista ha collaborato con alcune riviste cristiane (Il Nostro Tempo, Famiglia Cristiana, L’Eco di Terrasanta) e con siti di pastorale cattolica.

Nel 1999 è stato uno dei protagonisti della campagna pubblicitaria della CEI per l’8x1000 alla Chiesa cattolica. Come parroco di Introd ha accolto per diverse volte papa Giovanni Paolo II e papa Benedetto XVI nelle loro vacanze estive a Les Combes, villaggio di Introd.

 

Esegesi biblica

 

Il discorso escatologico

La seconda parte del discorso escatologico si apre (24,36) e si chiude (25,13) con la medesima affermazione: nessuno conosce il “giorno” e l’ “ora”.

Il tema è chiaro: la venuta del Signore è imprevedibile, di qui la necessità della vigilanza.

 

Al tempo di Noè – racconta il libro della Genesi (6,6-12) – “la malvagità degli uomini era grande sulla terra e ogni disegno concepito dal loro cuore non era altro che male; la terra per causa loro era piena di violenza”.

Gesù paragona gli uomini di questa generazione, cioè di coloro che vivono nella fase finale della storia (quindi anche noi) alla generazione dei tempi di Noè: essi vivevano nella spensieratezza totale delle cose che incombevano su di essi: mangiavano, bevevano, prendevano moglie e marito. Nel paragone è messa in evidenza la autocoscienza e il godimento della vita come fondamento della propria sicurezza.

Il cristiano non deve lasciarsi sorprendere da un avvenimento così imprevisto. Egli sa molto bene quello che lo attende e che la rapidità degli avvenimenti ultimi non permette di pensare alla conversione nell’ultimo momento. La generazione di Noè passò alla storia come la più corrotta di tutte (1 Pt 3,20). Non si fa menzione dei suoi peccati concreti, ma si costata solo il fatto: vivevano sicuri e felici e all’improvviso li sorprese il diluvio.

Sebbene l’insegnamento principale di questo brano sia incentrato sull’atteggiamento di spensieratezza e di vita facile della generazione del diluvio, un insegnamento non meno importante, anche se secondario, deve essere visto nella vita di Noè. Il suo comportamento traduce perfettamente la condotta dell’uomo di fede. Egli non aveva alcun indizio per dedurre la catastrofe che si avvicinava: si fidò unicamente della Parola di Dio e portò a compimento quella costruzione assurda in un paese arido, lasciandosi guidare solo dall’ordine che aveva ricevuto da Dio. Al modo di Abramo, egli è dunque il modello di coloro che ripongono la loro fede incondizionata in Dio. Si dice ai cristiani: siate come Noè, e non come i suoi contemporanei. Infatti, quando verrà il Figlio dell’uomo, si ripeterà quello che avvenne allora: uno “sarà preso”, perché appartiene a Cristo (Mt 10,32-33) e l’altro “sarà lasciato”.

E questo, senza preavvisi, nella piena vita di ogni giorno, nel lavoro, nei campi, o in casa.

 

Il cammino dell’Avvento 2016

ciclo liturgico: anno A

 

27 novembre      1ª domenica di Avvento

        I Lettura:  Is 2,1-5            Il Signore unisce tutti i popoli nella pace eterna del suo Regno.

        Salmo:      121                  Andiamo con gioia incontro al Signore.

        II Lettura: Rm 13,11-14    La nostra salvezza è più vicina.

        Vangelo:   Mt 24,37-44      Vegliate, per essere pronti al suo arrivo.

 

4 dicembre         2ª domenica di Avvento

        I Lettura: Is 11-1,10          Giudicherà con giustizia i miseri.

        Salmo:      71                    Vieni, Signore, re di giustizia e di pace.

        II Lettura: Rm 15,4-9        Gesù Cristo salva tutti gli uomini.

        Vangelo:   Mt 3,1-12         Convertitevi: il regno dei cieli è vicino.

 

8 dicembre         Immacolata Concezione

        I Lettura:  Gn 3,9-15.20    Porrò inimicizia tra la tua stirpe e la stirpe della donna.

        Salmo:      97                    Cantate al Signore un canto nuovo,

                                         perchè ha compiuto meraviglie.

        II Lettura: Ef 1,3-6.11-12  In Cristo Dio ci ha scelti prima della creazione del mondo.

        Vangelo:   Lc 1,26-38        Ecco concepirai un figlio e lo darai alla luce.

 

11 dicembre       3ª domenica di Avvento

        I Lettura:  Is 35,1-6.8.10   Ecco il vostro Dio, egli viene a salvarvi.

        Salmo:      145                  Vieni, Signore, a salvarci.

        II Lettura: Gc 5,7-10         Rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina.

        Vangelo:   Mt 11,2-11        Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?

 

18 dicembre       4ª domenica di Avvento

        I Lettura:  Is 7,10-14         Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio.

        Salmo:      23                    Ecco, viene il Signore, re della gloria.

        II Lettura: Rm 1,1-7          Gesù Cristo, dal seme di Davide, figlio di Dio.

        Vangelo:   Mt 1,18-24        Gesù nascerà da Maria, sposa di Giuseppe,

                                         della stirpe di Davide.